Stoccolma. Ritratto di una città

Griffiths_stoccolmaIn libreria da luglio 2012, “Stoccolma. Ritratto di una città” è un libro di Tony Griffiths tradotto da Samuela Fedrigo e pubblicato in Italia da Odoya. Non si tratta di una guida turistica – di quelle già traboccano gli scaffali – quanto piuttosto di un volume illustrato che descrive la cultura della città e dei suoi abitanti.

I primi capitoli sono forse quelli in cui Griffiths fornisce al potenziale viaggiatore i dettagli più pratici relativi alla capitale svedese: territorio, clima, storia, amministrazione cittadina, architettura. Sin dall’inizio, tuttavia, appare chiara la natura particolarmente interdisciplinare del libro. Ecco infatti che il racconto della monarchia e dell’omicidio di re Gustavo III apre le porte ad una lunga digressione sull’opera di Giuseppe Verdi ispirata proprio a quella vicenda storica. Allo stesso modo, il successo planetario degli ABBA diventa la spunto per parlare dell’amore degli Svedesi per gli acronimi. I temi sono concatenati l’uno all’altro, rendendo il libro piuttosto omogeneo. Le nozioni lasciano ben presto spazio al racconto delle vite vissute in quelle terre nell’arco dei secoli, sottolineandone le eccellenze e ricordando ai lettori quanti svedesi celebri abbiano calcato le luci della ribalta: dal patron di Ikea Ingvar Kamprad alle dive del cinema Greta Garbo, Ingrid Bergman e Anita Ekberg, dai marchi Volvo e H&M a Alfred Nobel, creatore del celebre premio. Proprio quest’ultimo viene preso ad esempio per descrivere la mentalità della città: “l’industriale più celebrato del Paese illustra lo spirito filantropico che caratterizza la mentalità di Stoccolma”. E proprio su questo aspetto Griffiths torna a puntare l’attenzione nel finale, definendo la capitale svedese “una città ambivalente, in cui i cittadini farebbero di tutto per migliorare le cose”.
Tantissime le citazioni storiche e i riferimenti alla documentazione originale dell’epoca, frutto senza dubbio di un’accurata ricerca. Lo stesso vale anche per le illustrazioni, che si tratti di foto o vignette poco importa. Il risultato finale è una dichiarazione d’amore a Stoccolma, da parte di un australiano che tuttavia ha trascorso lì buona parte della sua vita. Griffiths appare quindi abbastanza competente e credibile nel ruolo di Cicerone attraverso i secoli, alla scoperta di una città definitita a volte un Paese per ricchi, altre volte criticata, altre volte semplicemente amata.
In libreria dallo scorso luglio, “Stoccolma. Ritratto di una città” è un libro di Tony Griffiths tradotto da Samuela Fedrigo e pubblicato in Italia da Odoya. Non si tratta di una guida turistica – di quelle già traboccano gli scaffali -, piuttosto di un volume illustrato che descrive la cultura della città e dei suoi abitanti.
I primi capitoli sono forse quelli in cui Griffiths fornisce al potenziale viaggiatore i dettagli più pratici relativi alla capitale svedese: territorio, clima, storia, amministrazione cittadina, architettura. Sin dall’inizio, tuttavia, appare chiara la natura particolarmente interdisciplinare del libro. Ecco infatti che il racconto della monarchia e dell’omicidio di re Gustavo III apre le porte ad una lunga digressione sull’opera di Giuseppe Verdi ispirata proprio a quella vicenda storica. Allo stesso modo, il successo planetario degli ABBA diventa la spunto per parlare dell’amore degli Svedesi per gli acronimi. I temi sono concatenati l’uno all’altro, rendendo il libro piuttosto omogeneo. Le nozioni lasciano ben presto spazio al racconto delle vite vissute in quelle terre nell’arco dei secoli, sottolineandone le eccellenze e ricordando ai lettori quanti svedesi celebri abbiano calcato le luci della ribalta: dal patron di Ikea Ingvar Kamprad alle dive del cinema Greta Garbo, Ingrid Bergman e Anita Ekberg, dai marchi Volvo e H&M a Alfred Nobel, creatore del celebre premio. Proprio quest’ultimo viene preso ad esempio per descrivere la mentalità della città: “l’industriale più celebrato del Paese illustra lo spirito filantropico che caratterizza la mentalità di Stoccolma”. E proprio su questo aspetto Griffiths torna a puntare l’attenzione nel finale, definendo la capitale svedese “una città ambivalente, in cui i cittadini farebbero di tutto per migliorare le cose”.
Tantissime le citazioni storiche e i riferimenti alla documentazione originale dell’epoca, frutto senza dubbio di un’accurata ricerca. Lo stesso vale anche per le illustrazioni, che si tratti di foto o vignette poco importa. Il risultato finale è una dichiarazione d’amore a Stoccolma, da parte di un australiano che tuttavia ha trascorso lì buona parte della sua vita. Griffiths appare quindi abbastanza competente e credibile nel ruolo di Cicerone attraverso i secoli, alla scoperta di una città definita a volte un Paese per ricchi, altre volte criticata, altre volte semplicemente amata.

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