Le perle di Billy Wilder: Viale del tramonto

Uno sceneggiatore squattrinato (Joe Gillis), la dolce e affascinante ragazza conosciuta negli studi della Paramount (Nancy Olson), un’ex diva del cinema muto (Norma Desmond) e il suo fedele maggiordomo (nonché primo marito, Max): ecco gli ingredienti principali per uno dei migliori film di Billy Wilder. Uscito nel 1950, vuole essere un omaggio al cinema del passato e una critica al nuovo, corrotto e patinato, mondo dello spettacolo. Con le dovute modifiche, la pellicola potrebbe uscire oggi nelle sale e apparire più attuale che mai. Il cast è perfettamente calato nei personaggi, tutti estremi nella loro caratterizzazione. William Holden è magnifico nel ruolo dello sceneggiatore in fuga dai creditori, disposto ad ingannare una vecchia signora pur di ottenerne i favori. Gloria Swanson riesce persino a superarlo, con un’interpretazione intensa ai limiti della caricatura.

La storia ha uno svolgimento circolare: comincia con la voce fuori campo di Joe, il cui cadavere galleggia in una piscina. È lui stesso a raccontare del suo assassinio partendo dal principio, ovvero da 6 mesi prima. Conosciuta per puro caso la Swanson, finge di aiutarla a rilanciare la sua carriera cinematografica. La donna è infatti una stella ormai dimenticata che vorrebbe calcare ancora le luci della ribalta. Il palcoscenico è l’unico mondo che conosce, per questo vive la sua vita proprio come se si trovasse sempre in scena. Max, l’unico animato da un sentimento davvero profondo e sincero, cerca di nasconderle in tutti i modi che il pubblico l’ha ormai dimenticata e a questo scopo le scrive ogni giorno decine di lettere di fantomatici ammiratori e proietta le pellicole che un tempo l’avevano resa celebre. L’ossessione più grande della Swanson è quella di rappresentare un film di cui lei stessa ha curato la stesura e di cui vorrebbe interpretare la protagonista, Salomé. In vista di questo suo ritorno in gloria, la donna cura il proprio aspetto con fare ossessivo e brama l’arrivo dell’adorata telecamera. Il dialogo finale tra la Swanson e Joe sintetizza la psicologia complessa del personaggio:

“Non si lasciano le grandi stelle, è per questo che sono stelle. Le stelle non hanno età, non hanno età” (Norma Swanson)

“Non c’è niente di tragico ad avere 50 anni se non se ne vogliono avere 20 a tutti i costi” (Joe Gillis)

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La Swanson vive due realtà parallele: una è la realtà dei fatti, ovvero il suo isolamento e la sua carriera ormai legata ad un passato dimenticato; l’altra è il frutto della sua immaginazione, una realtà in cui la donna sta per tornare al successo. Alla fine esse finiscono quasi col ricongiungersi, in una scena madre degna del colossal che la diva sognava di girare. Un finale semplice e geniale, che fa quadrare il cerchio. L’unico finale possibile. Un finale, in tre parole, “alla Billy Wilder”.

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